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Ritardo digitale un conto da 3,6 miliardi di euro


Gli italiani che accedano al web sono il 58%. La metà della popolazione ha scarse conoscenze della rete. La banda ultra larga raggiunge 2 famiglie su 10 e in attesa che a fine mese entri in vigore la fatturazione elettronica obbligatoria, solo 5 aziende su 100 vendono online. Numeri che spediscono l'Italia in fondo alle classifiche europee e ci fanno perdere ogni anno soldi e migliaia di posti di lavoro. Secondo uno studio Censis, fra la incapacità di produrre servizi informatici, di usare e-commerce e moneta elettronica, di razionalizzare le banche dati della pubblica amministrazione, perdiamo 3,6 miliardi di euro l'anno. Quasi dieci milioni al giorno buttati via che potrebbero essere investiti in innovazione. Ora il governo ha messo sul tavolo un piano da 6 miliardi per recuperare il gap "di almeno tre anni" (parole del premier) che abbiamo sulla media europea di velocità d'accesso. Si conta sull'effetto moltiplicatore, anche perché secondo Confindustria digitale (l'associazione delle imprese nata per promuovere il "salto" tecnologico), il gap di mancati investimenti rispetto alla media Ue è di 25 miliardi. Ma il problema non sta solo nella mancanza di infrastrutture e nella lentezza della banda, sta anche nella testa delle imprese. Gli investimenti per innovazione tecnologica rappresentano in Italia il 4,8% del Pil contro il 6,8 della Ue a 28 paesi, media ampiamente superata da

Germania e Francia e doppiata dal Regno Unito. Non doveva andare così: fino alla fine degli anni '90 l'Italia investiva in innovazione tecnologica più del Giappone e quanto i tedeschi; poi, proprio mentre l'Europa cominciava a moltiplicare l'impegno, noi abbiamo lo abbiamo ridotto (del 35 per cento, secondo Confindustria digitale). Ma lo "spread" è stato alimentato anche dalla reticenza delle imprese che, in cerca di competitività, hanno virato l'attenzione verso i tagli al costo del lavoro e la delocalizzazione.

Gli italiani che accedano al web sono il 58%. La metà della popolazione ha scarse conoscenze della rete. La banda ultra larga raggiunge 2 famiglie su 10 e in attesa che a fine mese entri in vigore la fatturazione elettronica obbligatoria, solo 5 aziende su 100 vendono online. Numeri che spediscono l'Italia in fondo alle classifiche europee e ci fanno perdere ogni anno soldi e migliaia di posti di lavoro. Secondo uno studio Censis, fra la incapacità di produrre servizi informatici, di usare e-commerce e moneta elettronica, di razionalizzare le banche dati della pubblica amministrazione, perdiamo 3,6 miliardi di euro l'anno. Quasi dieci milioni al giorno buttati via che potrebbero essere investiti in innovazione. Ora il governo ha messo sul tavolo un piano da 6 miliardi per recuperare il gap "di almeno tre anni" (parole del premier) che abbiamo sulla media europea di velocità d'accesso. Si conta sull'effetto moltiplicatore, anche perché secondo Confindustria digitale (l'associazione delle imprese nata per promuovere il "salto" tecnologico), il gap di mancati investimenti rispetto alla media Ue è di 25 miliardi. Ma il problema non sta solo nella mancanza di infrastrutture e nella lentezza della banda, sta anche nella testa delle imprese. Gli investimenti per innovazione tecnologica rappresentano in Italia il 4,8% del Pil contro il 6,8 della Ue a 28 paesi, media ampiamente superata da Germania e Francia e doppiata dal Regno Unito. Non doveva andare così: fino alla fine degli anni '90 l'Italia investiva in innovazione tecnologica più del Giappone e quanto i tedeschi; poi, proprio mentre l'Europa cominciava a moltiplicare l'impegno, noi abbiamo lo abbiamo ridotto (del 35 per cento, secondo Confindustria digitale). Ma lo "spread" è stato alimentato anche dalla reticenza delle imprese che, in cerca di competitività, hanno virato l'attenzione verso i tagli al costo del lavoro e la delocalizzazione.

Fonte: LA REPUBBLICA.IT

TOURBI SOFYANE

RREZART AMETAJ


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